Sentiero Brembo

Benvenuto nel sito della PRO LOCO di BREMBATE E GRIGNANO.

In queste pagine potrai trovare informazioni utili sul nostro territorio e potrai conoscere tutte le proposte che abbiamo attivato per te.

Brembate può vantare la presenza di molti gruppi di volontariato, uno tra questi è chiamato Sentieri del Brembo ed è stato fondato nel 1985 da alcuni nostri concittadini che, con il desiderio di recuperare l’aspetto originario di certi siti brembatesi, si sono riuniti e hanno dato vita a vari progetti anche con la

collaborazione di altre associazioni locali quali Avis, Aido, Admo e il gruppo Alpini.

Tra i vari luoghi di cui queste associazioni si prendono cura c’è il sentiero naturalistico che costeggia l’ultimo tratto del fiume Brembo dalla chiesetta di San Vittore fino alla foce nell’Adda: ossia quel tracciato di terra e acqua che in apparenza pare ricoprire solo una striscia di pochi chilometri del nostro territorio, ma che in

realtà conserva la storia delle nostre origini.

Il fiume Brembo nasce nelle prealpi Orobie da quattro sorgenti, la principale sgorga ai piedi del Pizzo del Diavolo di Tenda a 2.914 m. di altezza e a Lenna si unisce agli altri tre rami sorgentizi per poi sfociare nel fiume Adda, di cui è il maggior affluente, nei pressi di Crespi d’Adda, al confine cioè tra i comuni di Capriate San Gervasio, Canonica d’Adda e Vaprio d’Adda, quindi precisamente al confine tra le province di Bergamo e di Milano.

Nei secoli il Brembo è sempre stato la principale fonte di sostentamento della popolazione che si stabiliva lungo il suo corso in quanto garantiva l’acqua necessaria alla vita della comunità: nel territorio brembatese, infatti, oltre a fornire agli abitanti l’acqua indispensabile per dissetarsi e per adempiere all’igiene intima, soddisfaceva anche le esigenze dell’agricoltura, della pastorizia e veniva utilizzato per il trasporto di materiale da una zona all’altra della provincia (vi invitiamo ad approfondire l’argomento cercando sul sito di Vaprio d’Adda gli studi sul moto delle acque di Leonardo da Vinci e l’Ecomuseo).

Considerando questo punto di partenza, non ci possiamo stupire nel costatare che tutte le dimore storiche di Brembate, quelle appartenute un tempo alle famiglie più prestigiose che nei secoli si sono stabilite e avvicendate nella zona, sorgono allineate lungo le sponde del fiume.

Da ricordare è che tra le principali attività nel nostro territorio vi era la lavorazione del baco da seta che possiamo datare a prima della famosa battaglia di Solferino e San Martino (seconda guerra d’indipendenza italiana combattuta tra l’esercito austrico da un lato e quello francese e piemontese dall’altro nel 24 giugno

1859) e alla quale Vittore Tasca, patriota natio del nostro comune e principale esponente delle famiglie benestanti della zona, non partecipò perché in viaggio nel Caucaso per studiare appunto le tecniche del processo di allevamento di bachi da seta sapendo che in quel territorio vi era stato un forte incremento di

bozzoli.

Il nostro comune era inoltre rinomato per l’estrazione del Ceppo del Brembo: roccia composta di sedimenti pleistocenici di origine fluviale che, grazie alla sua lavorabilità, veniva impiegato soprattutto per la realizzazione di opere edilizie e che veniva conosciuto anche con il nome di Puddinga (dall’inglese pudding,

tipico dolce friabile) o Cepp (dal dialetto bergamasco). Le testimonianze del suo utilizzo risalgono già al I secolo d.C. nella Milano romana e veniva commercializzato in tre differenti qualità a seconda dell’utilizzo: rustico (grana grossa usato per conci, rocchi di colonne, basamenti e architravi), mezzano (arenaria con ciottoli arrotondati) e gentile (usato per decorazioni e sculture ornamentali, es. cortile di Palazzo Marino a Milano).

Partendo da questi due presupposti, il cancello d’ingresso del giardino di Villa Tasca, realizzato in ceppo rustico (anche detto ceppo grezzo), rappresenta il punto di partenza ideale del nostro itinerario lungo il sentiero del Brembo: sentiero che da Villa Tasca e dalla chiesetta di San Vittore costeggia il fiume fino a un porticciolo ai piedi di Villa Ghislotti, detto anche Castello Ghislotti (la passeggiata romantica, così com’era chiamata, univa Villa Tasca al Castello ai tempi di Vittore Tasca), e che proseguiva fino a Villa Moretti uscendo dalla quale si poteva poi percorrere una ripida scalinata che riportava in un punto del fiume dove era stata realizzata una vasca per una fonte d’acqua sorgiva che fino alla prima metà del novecento veniva utilizzata dalle donne brembatesi per lavare i panni sporchi e che vantava acque più calde rispetto a quelle del fiume; da qui poi si risale alla strada principale e si può osservare dall’alto la Filarola (diga in cemento costruita nel 1890 in seguito alla piena del Brembo che nel 1888 aveva distrutto la precedente diga in legno) e proseguire in discesa fino alla radura boschiva che costeggia il fiume e lo accompagna fino alla foce.

Iniziamo così il nostro itinerario a Villa Tasca, attuale sede della biblioteca civica, ex casa colonica secentesca, un tempo usato come dimora dai mezzadri che si occupavano dei fondi della famiglia Tasca, benestanti possidenti terrieri dediti al commercio e insediati nella zona, e che solo agli inizi dell’ottocento ampliarono l’edificio trasformandolo in abitazione signorile con annesso opificio. (per i dettagli vi invitiamo alla lettura della pagina dedicata sul sito della proloco di Brembate).

Nella zona ante stante la villa venne realizzato agli inizi dell’900 un giardino romantico, l’attuale Parco Elena Tironi, ma prima di allora quel terreno aveva un aspetto decisamente differente e un tempo aveva adibito la fossa (quella ancora visibile sulla destra dopo l’ingresso al parco) a porcilaia malgrado la presenza di bellissime piante secolari (come il tasso, che con i suoi quasi 300 anni ci regala una piacevole ombra, o i centenari cedri del Libano e i cedri dell’Hymalaya risalenti al 1830).

Il Parco Elena Tironi porta il nome di una nostra stimata compaesana prematuramente mancata nel 2018 e che nella sua breve vita ha saputo lasciare di sé un segno indelebile: Elena Tironi è stata un ingegnere naturalistico che ha dedicato la sua vita alla salvaguardia dell’ambiente come membro di comunità scientifiche nazionali e internazionali e fino all’ultimo ha testimoniato con il suo operato l’interesse per la protezione e la conservazione della natura con il desiderio di tramandare alle generazioni future la sua stessa passione. Aver dedicato a lei il parco di Villa Tasca è stato un atto dovuto in onore di chi alla natura ha dedicato la vita.

Parco Tironi è abitato da molte essenze prime fra queste, perché incontriamo subito dopo il nostro ingresso nel giardino, sono l’aucuba, le magnolie e il bosso: l’aucuba è una pianta della famiglia delle cornaceae di origine asiatica utilizzata esclusivamente a scopo decorativo; le ornamentali e centenarie magnolie sono le

essenze che per prime colorano e profumano l’area con l’arrivo della primavera e il bosso che, presente anche in altri luoghi della costa del fiume Brembo, ha in questi anni dimostrato la sua resistenza sopravvivendo sia all’attacco di un bruco conosciuto come la piralide del bosso che alla prolungata siccità.

Nel Parco Tironi troviamo inoltre esemplari di clerodendron, lagestroemia, cercis siliquastrum (conosciuto anche come albero di Giuda) e numerose palme figlie delle piante originali dell’800.

Continuando la passeggiata lungo il sentiero ci imbattiamo nel maestoso bagolaro conosciuto anche con il nome lo schisa sàss (lo spaccasassi) così chiamato per le sue possenti radici in grado di penetrare nelle rocce e garantire il consolidamento dei terreni sassosi che costeggiano il fiume. Una curiosità su questa pianta: il bagolaro è anche detto l’albero dei rosari perché i suoi semi venivano usati per realizzare rosari dal colore nerastro.

Grazie a un’opera di recupero e restauro effettuata dai volontari dei Sentieri del Brembo, è possibile percorrere l’antica scalinata che da Villa Tasca scende fino alle sponde del Brembo e accedere a un piccolo spiazzo del giardino per poter ammirare, oltre al corso del fiume, una fontana ottocentesca recentemente riportata al suo antico splendore. In questo lato del parco troviamo l’acero campestre, il carpino bianco, la quercia roverella, il sambuco, il nocciolo, il prugnolo, il biancospino e l’olmo selvatico.

Sempre all’interno del parco Elena Tironi, nella zona in cui viene ospitata l’annuale festa di San Vittore, un tempo sorgeva un frutteto intorno all’arena e dove adesso sono stati realizzati i gradini dell’anfiteatro vi

erano all’epoca meli, peschi, cachi ecc. Al centro dell’arena si trovava una scultura raffigurante lo sbarco a Marsala di Garibaldi: l’eroe dei due mondi per il quale Vittore Tasca provava una profonda ammirazione al punto di essersi valorosamente impegnato in prima persona per il reclutamento di volontari per la Spedizione dei Mille e averlo seguito con coraggio fino ad essere considerato uno dei protagonisti dell’impresa stessa.

Il frutteto venne in anni più recenti trasferito nello spiazzo adiacente la chiesa di San Vittore: cappella edificata dalla famiglia Tasca nel XV secolo in onore del santo (per approfondimenti vi invitiamo a consultare la pagina dedicata al Santuario di San Vittore sul sito della proloco di Brembate).


Dalle grotte di San Vittore passava anche il così detto sentiero della transumanza, quel percorso attraversato un tempo dai pastori durante la migrazione stagionale del bestiame dai pascoli di pianura a quelli montani e che nelle grotte naturali di San Vittore trovavano rifugio per la notte.

Interessante curiosità di questo sentiero è che nel tratto di fronte a Villa Tasca prendeva anche il nome di sentiero delle lavandaie in onore delle donne che all’epoca si radunavano sulle sponde del fiume a lavare i panni.

Salutando Villa Tasca e proseguendo lungo il sentiero del Brembo incontriamo subito un’altra dimora storica la cui costruzione fu anch’essa voluta dalla famiglia Tasca: la Casa Parrocchiale.

Villa realizzata nel 1883 su volere di Fausto Tasca, del quale si conserva nell’atrio d’ingresso un magnifico dipinto raffigurante la mietitura nei campi, fu lasciata in dono alla parrocchia di Brembate con il vincolo che venisse utilizzata come abitazione del prete, vincolo che tuttora permane. Circondata da un muro di cinta (che la rende inagibile dal sentiero), un parco e un vigneto, la Casa Parrocchiale gode anche della presenza di un piccolo orto e un collegamento diretto alla chiesa parrocchiale e appare da subito essere il luogo ideale per ospitare un sacerdote grazie alla pace e al silenzio che alberga intorno ad essa.

Della cura del verde di quest’area si occupa l’instancabile signor Fernando che ci pare doveroso nominare in quanto come volontario presta ogni giorno parecchie ore del suo tempo all’attuale abitante della villa: il nostro caro Don Cesare.

Limitazioni territoriali ci impediscono di proseguire anche qui lungo l’originario sentiero del Brembo e di giungere, come in premessa, a Villa Ghislotti attraversando il sentiero della Casa parrocchiale; perciò torniamo sulla strada e, lasciando alla nostra sinistra la chiesa parrocchiale e percorrendo la strada in direzione di Piazza Trento, ammiriamo le abitazioni che agli inizi del ‘900 erano frequentate dalla Milano bene e usate come dimore di villeggiatura.

La prima che incontriamo lungo il nostro percorso è Villa Ghislotti, seguita da Palazzo Moretti con la Torre di Berengario e da Villa Morlacchi.

Palazzo Moretti è costruita con le caratteristiche di un castello e conserva il fasto del suo tempo.

Con una visuale privilegiata sul fiume, il palazzo è circondato da mura e ospitava oltre al corpo centrale del castello, dimora un tempo della nobile famiglia Suardi, un’antica filanda per i bachi da seta. (per approfondimenti vi consigliamo di consultare la pagina dedicata sul sito della proloco di Brembate).

L’elemento più storico dell’edificio è la Torre Berengario: splendida costruzione che risale all’anno 950 ed è oggi punto d’osservazione principale dei rondoni. Da dieci anni infatti Legambiente, in occasione della loro migrazione nel nostro territorio da fine maggio a fine luglio, monitora il passaggio di questi volatili e, con la collaborazione di Ispra (organo tecnico-scientifico del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio) e l’aiuto di alcuni volontari dei Sentieri del Brembo, ha provveduto all’inanellamento di molti esemplari.

Nel giardino di Villa Moretti possiamo ritrovare le stesse essenze di Villa Tasca a testimonianza della naturale continuazione della flora che costeggia il fiume.

Abbandonando Villa Moretti per continuare la passeggiata troviamo alla nostra sinistra la scalinata che conduce alla Vecchia Fontana: sorgente d’acqua circondata da una vasca che, come anticipato, si trova al livello della riva del fiume e ha rappresentato per secoli una fondamentale fonte di approvvigionamento d’acqua per centinaia di nostri concittadini.

Continuando lungo la strada, possiamo godere della bellezza del giardino di Villa Gritti Morlacchi: edificio che completa il percorso delle ville signorili brembatesi e che ci dona un inedito scorcio a strapiombo sul fiume. La facciata della villa padronale -in pietre di fiume disposte a lisca di pesce- ci ricorda nuovamente come tutta la vita della comunità ruotasse intorno al Brembo, un tempo inesauribile fornitore di risorse, e ci dona il ricordo del fascino di un’epoca per noi ormai lontana, fasto che ritroviamo anche nelle vetrate della serra, adibita a limonaia, dove si riconosce anche un magnifico esemplare di ficus primula.

Continuando ad osservare dall’alto il Brembo il nostro sguardo non può fare a meno di inciampare nella Filarola: diga da un suggestivo effetto scenico che dà origine alle rogge Moschetta e Vignola e che, come anticipato, venne realizzata in cemento nel 1890 in seguito alla piena che nel 1888 distrusse quella precedente costruita in legno.


Lasciando alla nostra destra il Salicì e percorrendo la strada carrabile fino alla fine della discesa, ritroviamo il sentiero sul Brembo e la riva del fiume nel punto in cui negli anni sessanta sorgeva una colonia chiamata Bagni di sole dove i ragazzi del paese, quelli provenienti dalle famiglie meno agiate e quindi che non potevano permettersi di andare in vacanza al mare o in montagna come i figli dei borghesi, venivano portati per trarre giovamento dall’elioterapia. Brembate essendo all’epoca circondata da campi, era caratterizzata da inverni rigidi frequentemente dominati da nebbia spessa e gelida che, come si soleva dire, inumidiva le ossa: il sole diventava così in estate un bene prezioso e non se ne poteva sprecare neppure un raggio.

Quei ragazzi che all’epoca frequentavano la colonia Bagni di Sole sono ora i nostri anziani e se vi dovesse capitare di incontrarli lungo la vostra passeggiata vi suggeriamo di ascoltare i loro ricordi perché portano tracce concrete di una storia che gode la fortuna di avere ancora dei testimoni.

Scoprirete che raccontano come fosse vivo il fiume quando erano bambini e di quanto fosse ricco di acqua pregiata perché naturalmente ossigenata e non frutto di depurazione come ai giorni d’oggi. I brembatesi fino agli anni sessanta infatti si ritrovavano sulle sponde del Brembo non solo per attingere un secchio acqua per scopi domestici, ma anche per pescare: il fiume era affollato di pesci quali trote e sanguinelle che via via negli anni sono diventate sempre meno.

Sempre da chi ha quella memoria storica, abbiamo avuto il piacere di apprendere come intorno al fiume ruotasse un’intera catena alimentare che comprendeva, oltre all’uomo, anche i rapaci: predatori naturali degli animali acquatici. Che tristezza costatare come il progresso abbia contribuito a modificare qualcosa di così bello e come il rispetto per l’ambiente in cui viviamo sia stato per anni dimenticato e solo a giorni attuali stia tornando al centro dei dibattiti. Tuttavia l’attuale attenzione non basta e temiamo che ve ne potrete voi stessi accorgere guardando la quantità di immondizia che viene abbandonata giornalmente sulla riva del nostro fiume e che, nonostante l’impegno costante di più associazioni di volontari, non sempre riesce a restare integro e pulito.

Altro segno dell’evolversi dell’inquinamento è il costatare come il Coren, roccia sporgente che un tempo indicava il punto più alto della riva del fiume e di fronte a cui si ergeva la colonia elioterapica Bagni di Sole, si stia consumato in seguito ai continui anomali sbalzi di temperatura.

A voi che percorrerete questi sentieri, ricordiamo come solo il singolo gesto possa creare un cambiamento se unito a quello di ciascuno di noi e vi esortiamo a dare il buon esempio per aiutarci a preservare quest’angolo di mondo: grazie di cuore.

Riprendendo adesso il cammino per intraprendere l’ultimo pezzo del sentiero che prosegue in direzione Crespi d’Adda. In questo tratto di sentiero è piacevole passeggiare anche d’estate perché la fitta vegetazione assicura ombra anche nelle ore più calde per quasi l’intero tracciato.

Nella prima parte del sentiero incontriamo quasi esclusivamente i pioppi, nella seconda parte del tracciato invece l’ailanto: pianta importata a fine ‘800 dalla Cina insieme ai bachi da seta e conosciuta anche come albero del paradiso per la bellezza del suo folliage. Nonostante la sua appariscenza e il suo soprannome, nella nostra zona l’ailanto si è dimostrata essere un’essenza infestante e ha quasi fatto rimpiangere l’ostile gelso diffuso negli anni precedenti. La sua presenza rappresenta un monito sull’importanza di ogni singola scelta messa in atto dall’uomo nei confronti dell’ambiente: l’ailanto infatti si è dimostrato non essere adatto a questo luogo perché ha creato terra bruciata intorno a sé non permettendo a nessun altro arbusto di sopravvivere e allontanando ogni tipo di insetto a causa del suo odore che, nonostante dal nostro olfatto non sia percepibile, al loro risulta repellente. Oltre a questo, l’ailanto nel nostro territorio non ha trovato nessun nemico naturale e ha potuto così prendere il sopravvento sull’altra vegetazione pre-esistente: per arrestare quest’invasione, il costante lavoro dei volontari diventa fondamentale.

Grazie al loro intervento, proseguendo verso la foce del Brembo, troviamo altre varietà di piante: qualche sambuco, dei gelsi -generosi nel periodo di fioritura-, pochi ciliegi selvatici e alcuni olmi, dei bagolari e la bellissima buddleja, pianta alloctona, che nel periodo di massima fioritura (da fine aprile a fine ottobre) attira a sé le farfalle e le damigelle (insetti affascinanti appartenenti alla famiglia delle libellule) e regala a noi la loro presenza.


Nella terza e ultima parte del sentiero all’interno dei confini brembatesi, a poche centinaia di metri da Crespi d’Adda, possiamo ammirare i salici bianchi i cui rami venivano utilizzati per impagliare cesti di vimini e a alcune piante di robinia. Quest’ultima, meglio conosciuta con il nome di acacia, è originaria del nord America ed è stata importata nel 1601 da James Robin, farmacista e botanico della corte del re di Francia Enrico IV. É una pianta molto apprezzata per tante ragioni e fra queste ve ne sono quattro: la prima è la qualità del suo legno usato non solo per la realizzazione di mobili, ma anche come combustibile, a cui molte famiglie del nostro comune deve la sopravvivenza nei difficili anni della guerra e del dopoguerra perché forniva loro legname da ardere; la seconda ragione è l’abbondante fioritura che la rende un’essenza altamente nettarifera e quindi importante per l’apicultura locale in quanto fornisce un miele incredibilmente dolce e delicato; ed infine le ultime ragioni ma non certo per importanza, la robustezza del suo apparato radicale che rafforza e stabilizza le pendenze del terreno lungo fiume e l’azotofissazione, ossia la capacità di trasformare l’azoto molecolare restituiendolo al suolo sotto forma di azoto ammonico, fondamentale per tutte le piante circostanti perché contribuisce alla creazione di importanti molecole biologiche quali vitamine, proteine e amminoacidi.

Osservando il sottobosco in quest’ultima parte del sentiero, caratterizzato da prugnoli selvatici e rovi, costatiamo come l’attento operato dei volontari miri a collaborare con la natura senza mai contrastarla: viene difatti raramente ripulito completamente per permettere così al bosco di farlo autonomamente secondo il proprio corso naturale.

Siamo così giunti al termine del sentiero e a malincuore salutiamo il Brembo che unendosi all’Adda continua la sua inarrestabile corsa verso il mare. Tuttavia, se lo desiderate, potete proseguire la vostra passeggiata nei territori confinanti il nostro comune di Brembate e godere anche delle sponde dell’Adda certi che anche lì troverete la stessa attenzione che avete trovato da noi per la conservazione di questo percorso naturale e gioverete dello stesso benessere percorrendolo.

Buona passeggiata.

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